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venerdì 30 luglio 2021

L'ALBERO DEGLI AMANTI PERDUTI di Santa Montefiore

 


Ci sono libri che divoriamo rapidamente, ma che poi non ci lasciano nessuna traccia, tranne la sensazione di spensieratezza e altri che, tormentati e vissuti, imprimono un'impronta profonda e finiamo per pensarci anche dopo la conclusione, rivivendo e interrogandoci su fatti e personaggi, chiedendoci se le cose fossero andate diversamente.


 

L'ALBERO DEGLI AMANTI PERDUTI di Santa Montefiore mi ha fatto questo effetto ed era da un po' che non mi capitava con un romanzo, quasi i personaggi fossero ormai di carne e sangue, reali, e non solo di carta. Almeno Sofia e Santi mi sono apparsi così, con un velo di malinconia che avvolge sempre i ricordi di un'infanzia e di un'adolescenza felice, quando ormai siamo diventati adulti.


 

Era il primo libro che leggevo di quest'autrice inglese nella cui penna sono state riscontrate influenze di Dumas e di Isabel Allende. Innegabilmente, leggendo questa epopea della famiglia Solanas, della loro infanzia dorata, dell'adolescenza libera e scapigliata, trascorsa all'ombra del grande albero di Ombù, oziando sul bordo della piscina, durante le estati australi, o sui campi da polo, inseguendo il brivido della gara e della sfida, per poi precipitare nell'esilio e nella dittatura, si colgono riferimenti di penne illustri, anche se siamo lontani dalla prosa lirica dell'Allende. Ma un certo fascino resta e l'incanto s'innesca, seguendo le vicende di una protagonista atipica, viziata e determinata, carismatica ed egocentrica, che coltiva un solo grande amore, suo cugino Santi.


 

I due sono in qualche modo anime gemelle che scoprono con l'adolescenza e la crescita come i sentimenti possano mutare e trasformarsi in qualcosa di più profondo, pur essendo condannati dal resto della famiglia, che vive come scandalo il loro legame in quanto cugini di primo grado. Nella decisione di separare i loro cammini, allontanando Sofia e spedendola in Europa, incontro a un destino che la cambierà per sempre, emergono anche tensioni e conflitti di personaggi come Anna, la madre irlandese di Sofia, incapace di integrarsi veramente in un mondo così distante da lei, pur avendo avuto tutto quello che aveva sempre sognato, Paco, il padre amorevole, che si lascia però piegare dalla volontà della moglie, sempre amata. E insieme a loro una folla di personaggi che l'autrice riesce a descrivere con pienezza, facendoli emergere dalle pagine più vivi che mai: l'eccentrico nonno irlandese, la dolce Chiquita, la madre di Santi, la tenere e allo stesso tempo spietata María, Fernando che sconterà sulla sua pelle la rivalità ingiustificata con il fratello.


 

E l'Argentina emerge con forza e prepotenza in questo racconto corale sull'amore: quello sentimentale, più forte di tutti, che permette a una coppia di giovani anime gemelle di incontrarsi, anche se per un breve spazio della loro vita, che finirà per diventare un punto di riferimento per tutto il resto, ma amore anche per la propria terra, per le radici, la famiglia, il dolore dell'esilio, la speranza della ricostruzione, l'affetto per chi ci ha sostenuto.


 

Anche se ci sono momenti estremamente dolorosi, alla fine della lettura di questo romanzo, resta una sorta di fascinazione per questo mondo che ha preso vita grazie alla penna di Montefiore e i personaggi sembrano così reali da lasciarci la sensazione di vedere sotto l'ombra dell'ombù quegli amanti perduti, quelle occasioni mancate, che ognuno di noi custodisce nel proprio cuore, come il rimpianto e la nostalgia di un tempo perso per sempre e che solo potrà tornare nella dolcezza di un ricordo, consumato al fresco di una sera lontana mille miglia dal noi stessi e dal nostro passato. Romanzo da riscoprire e autrice da approfondire.



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