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lunedì 30 giugno 2025

Estratto di un romanzo...

 Se amate le storie che vi trasportano in luoghi e tempi lontani, con protagoniste forti e segreti da svelare, credo che 'La figlia del peccato' potrebbe fare per voi.




Ischia, 1957


Margherita sollevò leggermente la gonna, scoprendo le caviglie.

Cominciava a fare caldo, lungo la strada in salita che da Ischia portava a Barano, e la lunga veste nera, infilata sopra la blusa, la faceva sudare. Il cotone le si appiccicava alla schiena, umido di fatica.

Si voltò, socchiudendo gli occhi contro il sole alto.

Alle sue spalle, la strada scoscesa e polverosa si perdeva all’orizzonte. Si sollevò sulle punte, cercando con lo sguardo il fazzoletto di case colorate sullo sfondo: Ischia Ponte era lontana, anche il Castello Aragonese sembrava scomparso nella foschia, come una visione antica.

Intorno a lei, solo colline verdi e tondeggianti, che salivano dolci una dopo l’altra fino alla vetta solitaria del Monte Epomeo. I muretti a secco, costruiti pietra su pietra, delimitavano piccoli appezzamenti coltivati a vigna. I filari ordinati delle Biancolella si stendevano lungo le terrazze. Nell’aria aleggiava l’odore tiepido della terra smossa e dell’erba calpestata, insieme a un vago sentore di mosto: era tempo di vendemmia.

Riprese il cammino, avvolta in un silenzio surreale, rotto solo dal ronzio degli insetti e dal flebile latrato di un cane lontano. Scorse un paio di capre sfuggite al pascolo, ferme su un costone a guardarla. Si disse che doveva andare avanti. C’era ancora molta strada prima di raggiungere le proprietà del Marchese Antonio Ranieri di Montebello.

Sbuffò, si asciugò il volto sudato con una mano e cercò di scostare i riccioli ribelli dalla fronte.

Margherita, legati i capelli!

La voce di sua madre le riecheggiò nella testa, nitida come una carezza ruvida. Un’ondata amara le chiuse la gola e un conato le salì dallo stomaco.

Erano passate due settimane da quando Mariuccia aveva affidato l’anima a Dio, e don Salvatore, il parroco di Ischia Ponte, si era convinto che una ragazza in età da marito non potesse vivere da sola.

«Mai!», sbottò, riprendendo il cammino con rinnovata ostinazione. «Non mi sposerò mai», ripeté, più forte.

Lei e sua madre avevano vissuto nell’ombra, ai margini di tutto, per colpa di un uomo: Pietro Farina, primo ufficiale su uno dei battelli che andavano avanti e indietro con la terraferma. Mariuccia ci aveva creduto. Ma lui, promessa di matrimonio alla mano, le aveva voltato le spalle.

Sua madre lo aveva aspettato. Lo aveva supplicato. Poi, nella casa del padre, durante la festa patronale di San Giovan Giuseppe, aveva impugnato il vecchio fucile da caccia e lo aveva ucciso. Tre colpi, si diceva.

Lo sapevano tutti. Nessuno l’aveva mai detto ad alta voce, ma non serviva.

Margherita era nata in carcere, e nessuno a Ischia se n’era mai dimenticato.

Ora don Salvatore voleva convincerla a sposare per procura un tizio sconosciuto dall’altra parte dell’oceano.

Mai e poi mai!

Digrignò i denti. Doveva trovare un modo per mantenersi. Il marchese avrebbe potuto aiutarla. Lo aveva già fatto, no?

Si rimise in marcia. Ancora qualche passo e avrebbe iniziato la discesa.


...


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