Translate

domenica 9 giugno 2024

Unica chance di Marianna Vidal incipit

 Oggi vi propongo il prologo di Unica chance, il mio romanzo ispirato a un personaggio che ha dominato e continua a dominare l'immaginario femminile e non solo. Di chi parlo? Proviamo a scoprirlo insieme.



PROLOGO


    Inghilterra, Londra

 

    Nathan

 

    Patrizio non ha smesso di ciarlare da quando è arrivato. Gli affari gli vanno particolarmente bene in questo periodo e progetta di aprire una nuova catena di ristoranti a New York.

A quarantacinque anni, è uno dei nomi importanti nel mondo della ristorazione e la sua scalata è stata davvero rapida, se si pensa che dopo il diploma, quando l’ho conosciuto, lavorava in una pizzeria di Milano.

Ero un habitué a quei tempi, anche se la pizza potevo solo sognarla.

Come modello mi era preclusa anche la pasta, ma la sua l’ho provata, non una volta, ed era davvero buona.

La sua mente, però, era troppo analitica per restare dietro i fornelli, così, quando ha capito che per sfilare in mutande guadagnavo bene, mi ha proposto di finanziare una sua idea: esportare l’eccellenza culinaria italiana nel mondo, attraverso due o tre sue specialità.

Non so come ci sia riuscito, ma gli ho dato fiducia e, due anni dopo, avevamo una società che fatturava discretamente.

Anche la mia professione come modello, però, continuava a darmi soddisfazioni e la pubblicità in costume, per una nota casa di moda, aveva fatto schizzare le mie quotazioni alle stelle.

Ho dovuto scegliere e l’ho fatto, preferendo restare nel mio mondo, ma la nostra amicizia è rimasta ben salda, anche nella tempesta della celebrità.

«Ancora a sbavare sulla rossa?».

Patrizio mi sfila da sotto le mani la rivista patinata che osservo da diversi minuti, per passare in rassegna le forme aggraziate di quel corpo divino che ci guarda dalla copertina di Magazine New York.

«Perché non la inviti a cena?», mi domanda, restituendomi il giornale.

Sollevo pigramente gli occhi su di lui, lasciandomi ricadere contro la spalliera del divano.

Per Patrizio tutto è sempre molto semplice. Ti innamori, ti sposi, divorzi. Lui lo ha fatto tre volte e neanche i costosi contenziosi che ne sono seguiti hanno fiaccato la sua voglia di riprovarci ancora. Ovviamente con quella giusta, questa volta!

Un sorrisetto mi piega le labbra.

Esiste davvero una persona adatta a noi capace di renderci felici? Diversamente da lui, non ne sono molto convinto.

Tutto nasce e muore, anche l’amore.

«Allora?», insiste. «È almeno la quarta volta che ti becco a sbavare su una rivista con lei in copertina e non infierisco solo perché sono tuo amico, ma ti avverto: sei ridicolo!».

Si passa una mano sulla testa calva, scuotendo il capo, divertito.

«Che poi… Chi te la negherebbe?».

Lascia correre lo sguardo su di me, facendo una smorfia.

«Sei schifosamente ricco e le donne sbavano sulle tue foto in costume, ancora a vent’anni dalla famigerata pubblicità con l’altra italiana». Schiocca la lingua, cercando di ricordarsi il nome della modella che appariva nello spot con me.

«Vanni», gli rammento. «Ludovica Vanni».

«Sì, quella!», esclama, illuminandosi in volto, per poi farsi serio.

«Bona! Non sai quanto ti ho invidiato, quando mi hai detto che vi eravate dati da fare nei cessi del backstage».

«Erano altri tempi», gli assicuro. «Oggi Ludovica è moglie e madre felice».

«Mhmm! In effetti non sono tante quelle che restano nel tuo mondo. Per non parlare dei modelli», riflette. «È vero che i maschi guadagnano una miseria?».

«Hanno quotazioni inferiori a quelle delle donne, sì», riconosco.

«Tu, però, non te la passavi male anche prima di quella pubblicità», rammenta. «Altrimenti non avresti mai potuto finanziare la prima di una delle mie tante idee brillanti», ridacchia, servendosi del whisky. «Ne vuoi anche tu?», mi domanda, come se fosse a casa sua e non nel mio salotto a Chelsea.

Annuisco, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra.

Il cielo è al tramonto, in un insolito caldo rosso che si riflette sulle pareti di pietra della costruzione. Il tempo ci ha graziato con una giornata di sole e la serata non si prospetta da meno, ma domani torno in Italia e, con un pizzico di sorte, potrò godere di giornate assolate ancora più belle.

«È tutta questione di testa», gli rispondo a un tratto, afferrando il bicchiere che mi porge. «Di testa e di fortuna».

Sorseggio il mio liquore.

«Bisogna saper cogliere le occasioni che la vita ti offre, rilanciando nel modo giusto», osservo.

«Hai perfettamente ragione», concorda il bastardo, tornando all’argomento che più lo diverte.

«Per questo dovresti approfittare della tua presenza a Milano per conoscerla».

Solleva il cristallo a modo di brindisi, ma non demordo, deciso a cambiare argomento.

«Quanti tavoli riusciresti a collocare nella sala ristorante di cui mi hai parlato?».

Recupero dal tavolino davanti a me la planimetria.

«Nat, la vita è breve».

Mi posa una mano sul braccio, con uno scintillio negli occhi di un caldo miele.

«Da quando Abril ti ha piantato, hai smesso di farti vedere al fianco di queste stelline in cerca di notorietà, ma cazzo, Nat, hai solo quarantadue anni e se ti piace una ventenne non è certo la fine del mondo, no?». Mi scruta dall’alto in basso, per poi esclamare:

«Se non te lo permetti tu, chi potrebbe?».

«Patrizio, smettila. Sai bene come la penso in merito».

Annuisce.

«Basta con la parola amore, ma chi ha parlato di relazione?».

Fa un gesto spazientito, riponendo sul tavolo il bicchiere vuoto.

 «Senti, te la regalo io, Aurora Ferrari, per un paio di notti. Te la meriti», mi sorprende.

Sollevo lo sguardo dalle carte che mi sono ostinato a studiare, per osservarlo, incerto.

Il mio amico sorride, sornione, raggiungendomi sui divani, per sedersi davanti a me.

Si sistema la piega dei pantaloni sulle scarpe con tutta calma, per poi passare al colletto della camicia sbottonata e incrociare i miei occhi diffidenti.

«Di cosa parli?».

«Non dirmi che non lo sai?», ridacchia, stirando il collo taurino.

La sua figura massiccia si piega, recuperando dal tavolino la rivista che sfogliavo prima, per fermarsi sul servizio dedicato alla Venere che non riesco a togliermi dalla testa.

Mi agita sotto il naso quelle forme patinate, come se non le conoscessi a menadito, per poi esclamare:

«Aurora Ferrari, rossa, bellissima e apparentemente irraggiungibile, è una delle ragazze di Graziella Branvilla, ed è abbordabile alla modica cifra di diecimila euro a notte».

Deglutisco, faticando ad assimilare le ultime informazioni.

«Sei sicuro?», gli domando, stringendo gli occhi in due fessure.

«Che faccia!», ridacchia, lo stronzo, ma poi mi spiega:

«La titolare della Fashion Model Management è una mia amica di vecchia data. Un tipo in gamba, che conosco dai tempi del liceo».

«Vai al sodo», lo sollecito, brusco.

Patrizio non si risente. Mi conosce troppo bene, per formalizzarsi.

«La tua rossa l’ho vista a un paio di eventi e la tipa che avevo noleggiato mi ha detto che lavorano per la stessa agenzia».

«Questo non vuol dire nulla».

Scrollo le spalle, maledicendomi per il senso di delusione che fa a cazzotti con la speranza di poterla avere.

«Nat, fattene una ragione. La tua Aurora Ferrari è una mignotta che per la giusta cifra te la darà senza complicazioni».

 


***

 

    Italia, Milano

 

    Aurora

 

    “Aurora, so che è un orario insolito, ma ho urgente bisogno di parlarti. Riusciresti a passare per l’ufficio? Resterò qui fino a mezzanotte”.

Riascolto per l’ennesima volta il vocale che Graziella mi ha inviato, lanciando un’occhiata all’orologio sul cruscotto della mia auto: le undici e un quarto.

La sede della Fashion Model non è molto distante da dove mi trovo.

Ho approfittato della giornata libera e della fine del mio rapporto con Simone, per passare una serata con Iole e le altre mie amiche. Qualcosa di tranquillo, una cena, durante la quale ho assaggiato delle foglie d’insalata e del pesce alla griglia, ma la conversazione è stata buona e dopo settimane caotiche, mi sono finalmente rilassata.

Fare il mio lavoro comporta non pochi sacrifici, ma le cose negli ultimi mesi stanno andando bene e Graziella si è detta orgogliosa del mio lavoro.

Forse è di questo che vuole parlarmi. Le sarà pervenuta qualche proposta particolarmente ghiotta che non può aspettare.

Mi decido a girare la chiave nel cruscotto, ingranando la marcia.

Mezz’ora dopo m’infilo nell’ascensore di vetro che mi conduce al decimo piano di quel palazzo nei pressi del centro direzionale.

Abbasso lo sguardo sui miei jeans sdruciti, risalendo alla giacca di velluto e ai capelli raccolti dietro la nuca. Non sono neppure truccata.

Mi tocco le guance.

Quando esco con Iole e le altre ragazze, non bado a queste cose. Ci conosciamo da prima della mia avventura nel mondo della moda e certi outfit sono davvero fuori luogo. Faccio una smorfia, scrollando le spalle. Dubito che Graziella sia in compagnia. È stata molto generica nel suo messaggio. Potrebbe anche essere già andata via.

Approdo sul pianerottolo, appena le porte dell’ascensore si aprono, e marcio fino alla sede amministrativa dell’agenzia.

Pochi istanti e riconosco il ticchettio dei tacchi di Graziella che anticipano il suo arrivo.

«Aurora!», mi accoglie con un sorriso radioso, pochi istanti dopo, facendosi da parte per farmi passare.

Deve aver trascorso tutta la serata nel suo studio a lavorare.

Ha la camicetta bianca, che di solito indossa sotto uno dei suoi tailleur pantaloni e giacca, un po’ stropicciata, ma l’acconciatura è impeccabile, come suo solito. Sembra appena uscita dalle mani sapienti di una delle nostre parrucchiere.

Anche il trucco è perfetto: caldo, come il castano dei suoi occhi, preciso e chic.

Se fosse stata più alta avrebbe potuto sfilare, tanto è graziosa la sua figura, ma come si diverte spesso a ripeterci lei stessa: Madre Natura ha concentrato tutto nel cervello sopraffino.

«Posso offrirti un caffè, un tè, della tisana?».

Passa in rassegna quanto Sofia ha sistemato sul mobiletto del caffè, alle spalle della sua scrivania, rovistando tra bicchierini di plastica e cucchiaini, alla ricerca delle cialde rimaste.

«Non disturbarti per me. Sto bene così», le rispondo, guardandomi intorno.

È strano vedere questo posto, di solito pieno di vita, con dipendenti che si muovono frenetici da una stanza all’altra, avvolto nella penombra e nella calma della domenica sera. Per non parlare della brasiliana che da un paio di anni ha sostituito la vecchia assistente di Graziella: una trans dal corpo divino e la pelle liscia come quella di un neonato.

Mi ha consigliato delle maschere di bellezza che fanno miracoli. Ne sa davvero una più del diavolo.

«Sicura?», mi domanda ancora una volta Graziella, facendo cenno al suo caffè.

«Sicurissima», le confermo, seguendola nel suo ufficio, poco distante, per ritrovarmi in una stanza ampia, con una scrivania sul fondo e alcuni divanetti a ridosso della grande vetrata da dove si può ammirare lo skyline milanese di luci, palazzi e manto nero.

«Accomodati».

La donna più importante della mia vita, dopo mia madre, mi fa cenno di sistemarmi su uno dei divanetti in pelle bianca, mentre recupera dei fogli dalla scrivania.

La assecondo, guardandomi intorno. Al lato opposto dei sofà scorgo un tavolo da riunioni, con delle sedie ben sistemate, che devono essere state aggiunte di recente, come le immagini delle ragazze, che lavorano per l’agenzia, appese alle pareti. Sono diverse da quelle che ho scorto l’ultima volta che ho messo piede in questo posto. Un mezzo sorriso mi piega le labbra, appena riconosco uno scatto del mio ultimo shooting fotografico: un metro e settantotto, lunghi capelli rossi al vento e pelle di magnolia coperta da petali di rose gialle.

“La Venere di Botticelli ha trovato un nuovo nome e un nuovo volto”, cita la rivista per cui è stata fatta.

Mi fa ancora un certo effetto sentirmi paragonare al capolavoro del noto pittore fiorentino, ma Graziella non ha dubbi: una modella, se vuole spiccare il volo, deve distinguersi dalle altre e la straordinaria somiglianza con Simonetta Cattaneo Vespucci è sicuramente un elemento in mio favore.

Certo, Venere che ingrassa, dimagrisce e invecchia mi crea non poco imbarazzo, ma io non sono altro che una pedina nelle mani di esperti bravissimi nel creare illusioni.

Il mio mentore ritorna da me, con il suo sguardo vispo e l’aria stanca.

Le sorrido, con affetto, attendendo che si sistemi a sedere, per poi chiederle:

«Allora? Cosa bolle in pentola?».

Mi accorgo presto che, diversamente da quanto accade di solito, Graziella non sorride. È piuttosto seria e nei suoi occhi si scorge persino un filo di preoccupazione.

Aggrotto la fronte, dispiaciuta.

«È successo qualcosa?», le domando. «Qualche cliente si è lamentato del mio lavoro?».

«Nulla di tutto questo», sgombra il campo con un gesto deciso della mano. «Il tuo lavoro è perfetto e la settimana della moda è stata ancora una volta un’occasione preziosa per farci notare».

«Dunque?», trattengo il fiato, torturandomi le mani.

Quando Graziella gira troppo intorno a una cosa, c’è sempre da preoccuparsi.

«Aurora, andrò dritta al punto. Una persona molto importante nel nostro ambiente è interessata a te e mi ha fatto una proposta che non posso rifiutare».

«Davvero? Chi è?», le chiedo emozionata.

«Nathan Del Vecchio».

«Il modello?», domando, incerta.

«In effetti, di tanto in tanto, ci regala ancora qualche servizio fotografico e per qualche vecchio amico continua a sfilare, ma oramai si concede davvero poco e tutte le sue energie sono divise tra la NDV che rappresenta il suo marchio e la Medex, la multinazionale che raggruppa alcune delle principali agenzie di modelle e modelli». Fa una piccola smorfia, riflettendo ad alta voce:

«Mai nessun modello è giunto tanto in alto».

«Vuole proporci qualche lavoro?», cerco di tenermi sul pezzo.

«Ha contattato la nostra agenzia, perché crede che tu faccia parte del nostro Special Book».

Sbianco a quell’insinuazione e istintivamente mi ritraggo, sentendo le gote in fiamme.

Graziella me ne ha parlato, pochi mesi dopo il mio arrivo alla Fashion Model. Le ragazze che accettano di accompagnare clienti speciali dell’agenzia, fino a passare la notte con loro, ottengono compensi extra e bonus sui contratti stipulati dall’agenzia. Sarebbe stato un modo semplice per racimolare denaro ma, nonostante ne avessi un disperato bisogno, ho glissato. Simone non me lo avrebbe mai permesso ed io, con l’esperienza fatta con lui e il mio precedente ragazzo, non avrei di sicuro potuto accontentare palati sopraffini.

«Sai bene che io…».

«So che Simone è molto geloso, ma mi è parso di capire che non state più insieme».

«Sì, è vero, ma questo non significa…».

«Aurora, è una grossa opportunità per l’agenzia».

«Non puoi chiedermelo».

Scuoto il capo, faticando a comprendere quanto sta accadendo.

«Hai sempre detto che nessuna era tenuta a farne parte».

«Ed è così, ma Nathan Del Vecchio non è un cliente qualunque ed è oggettivamente uno degli uomini più fascinosi del pianeta».

«Neanche così», sibilo, alzandomi. «Non mi concederò mai a un uomo per soldi», le chiarisco, con voce incrinata.

Non avrei mai voluto trovarmi in una situazione del genere.

Devo molto a Graziella. È stata l’unica a tendere una mano a me e a mia madre, dopo l’allontanamento di mio padre, infatuatosi della sua titolare. Mi ha offerto un lavoro, una casa, un sostegno psicologico per mia madre e una piccola cifra per andare avanti nei primi mesi del mio ingresso in agenzia.

«Graziella…».

Non riesco a parlare, mordendomi un labbro.

«Ti avevo promesso che ti avrei tenuta fuori da questa storia, ma pare che Nathan Del Vecchio abbia un debole per te e pur di averti nel suo letto è disposto a firmare una collaborazione in esclusiva per due anni con l’agenzia». Si piega sul divanetto, cercando i miei occhi.

«Capisci cosa significa questo per tutti noi?», mi domanda. «Aurora, sono una montagna di soldi e la possibilità per le ragazze di lavorare a dei livelli altissimi».

«Non puoi chiedermelo», le ripeto, determinata a non cedere di un millimetro.

Graziella si irrigidisce al mio ennesimo diniego.

Raddrizza la schiena e abbassa lo sguardo sulla sua mano ingioiellata, dedicando la sua attenzione a quell’anello con rubino che sfoggia all’anulare.

«Tesoro, non avrei mai pensato di dover giungere a questo punto, dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme ma, come comprenderai, non posso, per un eccesso di pudore, perdere un’occasione così ghiotta: se non mi vieni incontro, dovrai trovarti un altro garante per l’appartamento dove vivi con tua madre, e dovrai anche restituirmi la macchina che ti ho concesso in questi mesi», solleva lentamente le palpebre, per incrociare il mio sguardo, incredulo.

«Certo, potrai contare su quanto hai messo da parte, per affrontare le difficoltà dei prossimi mesi, ma ricorda che il contratto che hai firmato con la Fashion Model ti lega in esclusiva alla mia agenzia per i prossimi cinque anni e se non lavori, non guadagni».

«Non puoi farmi questo».

La voce mi esce strozzata.

«Devo farlo», mi assicura con una determinazione che ben conosco.


 Info su Amazon qui!

Nessun commento:

Posta un commento