Dopo aver vinto un mio tabù personale (e dopo aver sviluppato una sorta di profondo interesse per la storia e le ambientazioni italiane), eccomi nuovamente a commentare un romanzo scritto da una penna nazionale, Miriam Formenti, di cui non avevo letto mai assolutamente niente. Se il romanzo della Masella mi aveva conquistato con la sua Genova dai mille volti, eccomi precipitare sul finire del Quattrocento, sulla strada che conduce a Mantova.
Un convoglio formato da Cecilia e la sua nutrice è fermo in una locanda, dopo che i mercanti pagati per condurle in città, dalla nobile Claretta Alipandi, zia della sfortunata Isabella, le hanno abbandonate. Quando la storia inizia infatti, Isabella, figlia unica di Maria Braschi, è appena morta, e Cecilia, che è cresciuta con lei, protetta dalla sua madrina, non sa cosa fare per poter trovare un passaggio sicuro per la città. Sono due donne sole e senza un soldo, inoltre la bellezza di Cecilia induce molti uomini a proporle soluzioni non consone.
A risolvere la situazione di stallo, in un'epoca in cui le donne non potevano viaggiare da sole, contribuiscono due fattori: la nutrice, convinta che l'unico modo per poterne uscire è quello che Cecilia assuma l'identità della defunta Isabella, ed Andrea Castigli, potente barone vicino ai Gonzaga, arrivato alla locanda proprio negli stessi giorni.
Per un equivoco, in un primo momento Andrea scambia Cecilia per una cameriera compiacente, fino a quando non scopre la sua presunta identità e decide di intervenire per allontanarla dalla locanda e condurla sana e salva da Claretta a Mantova.
Coinvolta in un intrigo più grande di lei, pur di sopravvivere, Cecilia abbandona la sua identità per trasformarsi in Isabella Braschi, accolta con amore dalla zia e dalla sua famiglia e ben presto corteggiata e sedotta nell'animo dallo stesso Andrea, che decide di farne la sua sposa. Peccato che l'amore, giunto a coronare un'unione che appare propizia sotto molti punti di vista, sia in qualche modo minacciato da un segreto e da una bugia che prima o poi è destinata ad essere svelata.
Confesso di essermi lasciata prendere da questa storia e di essermi fatta condurre dove voleva l'autrice, sempre più intrigata da un rapporto sincero e profondo da parte di entrambi, sebbene basata su una bugia. Nel momento in cui Andrea scopre la verità sull'identità della moglie, il lungo calvario subito da Cecilia è stato difficile da digerire, tanto che mi sono chiesta fino a che punto l'amore può resistere al disprezzo e alle ingiurie, causate anche da un ragionevole furore.
Andrea, amareggiato dalle menzogne di Cecilia, ma incapace di mandarla via, inizia un suo duro percorso nei confronti della donna, fino a quando non si renderà conto di non riuscire a vivere senza di lei e di essere disposto a perdonarla.
La storia mi ha conquistato, anche se sul finale la mia natura vendicativa avrebbe voluto vedere Andrea strisciare da Cecilia, chiedendole perdono, invece che semplicemente concedendolo a lei, ma a parte questo particolare, che dipende da un gusto puramente personale, il romanzo è interessante, pieno di spunti e sicuramente originale anche nel suo finale.
Dopo decine e decide di romanzi letti, con ambientazioni britanniche, devo dire che trovo rinfrescanti queste storie che mi restituiscono un mondo a me familiare, se pur comunque ammantato di quel fascino che solo il passato riesce a creare.
Grazie per questa bella recensione e mi scuso per non averla vista prima.
RispondiEliminaGrazie a te Miriam, per il lavoro che fai e la passione che ci regaali nel farlo!
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