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martedì 11 febbraio 2025

Hercai: amore e vendetta


Che sono un'appassionata di telenovelas lo sapete e neanche la lingua mi ferma (diciamo così...). La mia preferenza resta per il mondo latino, ma negli ultimi mesi ho conosciuto le dizi turche e devo dire che hanno degli elementi apprezzabili. Uno tra questi è il ritmo della narrazione, spesso incalzante.




Ne accadono davvero di ogni e non indugiano mai troppo su una situazione. Questo per me è un grande merito, perché mi annoio presto.

D'altro canto, per noi occidentali, le scene di sesso sono pochissime, quasi inesistenti. Tutto è sempre molto sfumato, ma in compenso le dizi turche puntano molto di più sulle scene romantiche, sulle dichiarazioni da togliere il respiro e su un'attenzione all'altra persona che va oltre la semplice attrazione fisica. Insomma, se siete un po' celebrali come me, riuscirete ad apprezzarle, senza problemi, perché l'amore ha mille sfaccettature e, se sai raccontarlo, ti basta suggerire, senza mostrare.




Detto questo, dopo aver interrotto Endless love con l'avvicinarsi del finale, per me assai indigesto, anche se molto coerente con la narrazione creata fin dal primo episodio, mi sono appassionata a un altro prodotto turco, trasmesso in Italia da Real Time, che meriterebbe, davvero, maggiore visibilità, perché ha tanti meriti, di cui vi parlerò di seguito. A chi mi riferisco? Ma a Hercai! Una storia d'amore e di vendetta.




Per chi non lo sapesse, Hercai, la dizi, è liberamente tratta dall'omonimo romanzo della scrittrice turca Sümeyye Ezel.


 

Il gancio è potentissimo: un uomo sposa con l'inganno una giovane e ingenua donna e, dopo la prima notte di nozze, la ripudia, ma si accorge di essere perdutamente innamorato di lei.
Se tutto ciò accadesse nel mondo occidentale, poco male. L'uomo verrebbe definito con una valanga di epiteti poco carini e lei, prima di fidarsi di un altro uomo ci penserebbe due volte. Ma Reyyan non vive a Roma o a Londra. Non risiede neppure a Istanbul, come l'autrice del romanzo. Vive nella lontana e incantevole, Myat, nell'Anatolia, dove la tradizione vuole che, se una ragazza viene restituita alla famiglia, dopo la prima notte di nozze, significa che qualcosa di grave ha commesso e l'onta ricade su tutta la stirpe.



La povera Reyyan, però, non ha nessuna colpa. A meno che non si consideri tale l'essersi perdutamente innamorata del giovane e avvenente socio della famiglia che, dopo averla soccorsa per strada, l'ha chiesta in moglie, ottenendo il permesso di frequentarla, in attesa delle nozze.
Non è dello stesso parere il marito, Miran Aslabey, che per portare a termine la sua missione, ha per lungo tempo intrattenuto rapporti commerciali con la famiglia di Reyyan, sotto falso nome. Ai suoi occhi, Reyyan ha una grandissima colpa: è la figlia di Hazar Şadoğlu, l'uomo che ha violentato sua madre, prima di ucciderla, insieme a suo padre. 
Quando la verità viene rivelata, con spregio, alla famiglia è troppo tardi. I Şadoğlu hanno già condannato a morte Reyyan e Miran si è appena reso conto di non poter più vivere senza sua moglie.
La prima stagione della serie è un vortice di eventi al cardiopalma, durante i quali, Reyyan attraverserà l'Inferno e nella sua costante ricerca dell'oblio, per non soffrire più, avrà alle calcagna quello che dovrebbe essere il suo aguzzino, determinato, invece, a dimostrarle che dedicherà la sua intera esistenza a renderla felice.



E se la prima stagione si conclude con una risposta su un perdono che non si sa se sarà accordato, la seconda servirà a costruire un rapporto che è assetato di fiducia e verità.
La terza stagione, invece, quella conclusiva, servirà a far venire al pettine tutti i nodi ancora non sciolti, permettendo a un personaggio complesso e ben caratterizzato come Miran di essere finalmente e pienamente se stesso: un uomo buono, giusto, capace di perdonare e soprattutto di amare.
Non scendo in particolari, per non fare spoiler, ma se il nucleo centrale è ben costruito, interessante e ben scritto, con il prolungarsi della serie qualche filo viene meno, complice anche il Covid. Personaggi introdotti e poi fatti sparire, senza valide giustificazioni nella trama, lungaggini senza senso, soprattutto con l'ultima cattiva, e situazioni che sfidano la fantasia più sfrenata, che portano questa serie dal dieci inziale a un sette pieno. 



Il voto resta alto, perché c'è tanto che funziona. Innanzitutto Miran. Nella serie è il personaggio meglio costruito, un antieroe che ha dalla sua una profonda umanità. All'inizio Miran mi ricordava il tipo protagonista dei Romane, bellissimo, freddo, apparentemente cinico, con quei modi da "io non devo chiedere mai", ma poi si rivela un uomo, con tanti pregi e altrettanti difetti, che affronta davvero un'altalena di emozioni, fino a quando non troverà finalmente un suo equilibrio, andando incontro alla sua vera natura. A parte Miran, l'idea della vendetta che si ritorce contro chi l'ha alimentata per tanti anni, mi sembra una trovata riuscitissima. Gli attori, poi, sono bravissimi, dal protagonista alla piccola Gül . Meravigliosa la fotografia. In questa serie è superlativa, da film. E vogliamo parlare della musica? Da Oscar. Le location scelte sono da perderci il cuore.
Scene di sesso inesistenti? Sì, ma nessuno saprebbe parlare meglio d'amore.
E Reyyan? Non dico nulla su di lei? Reyyan è la tipica protagonista delle serie televisive di lunga durata: bella, buona e giusta. Ha una capacità di perdonare che è rara ed io sono una che apprezza, ma alla fine il suo personaggio resta statico. È la spalla perfetta per Miran, ma lei non ha un'evoluzione. Dall'inizio alla fine resta se stessa. Ed è perfetta così, perché lei rappresenta il faro verso cui guarda Miran, l'unica che può regalare al protagonista la tanto agognata felicità, perché lei è ciò che Miran ha sempre voluto essere. Ed ecco che il famoso "Non c'è Miran, senza Reyyan" assume un senso profondo, che va oltre le parole.
Fidatevi, se vi capita a tiro, non fatevela sfuggire e quando Miran si alza in piedi, dopo aver ricevuto delle pallottole, riuscendo anche a portare in braccio la sua amata, lasciate correre. Pensate che sia un po' una fiaba, perché il resto vale la pena.


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