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lunedì 28 agosto 2017

L'ETERNO CONTRASTO, ovvero Ragione e Sentimento di Jane Austen


Quando ero poco più che una ragazzina, ricordo che tra i romanzi rosa che collezionava una delle mie tante zie, c'era una serie di libri dalle copertine con disegni accattivanti. Eravamo nei primi anni Novanta e le cover erano tutte fatte a mano, senza la grafica digitale che oggi rende tutto più simile al reale. Adoravo disegnare e confesso che verso questo genere di storie sono stata attratta soprattutto dai disegni, spesso colorati con acquarelli decisi e pieni di personalità.


Tra i vari romanzi d'amore la Fabbri Editore pubblicava la collana ROSE BLU, poco più di un centinaio di pagine per storie di autori vari, ambientati in epoche diverse. A questa si affiancava poi la pubblicazione di romanzi più corposi come ROSE ORO e tra questi ricordo il romanzo L'ETERNO CONTRASTO scritto da un'autrice che non conoscevo minimamente e non immaginavo fosse morta da più di un secolo, ovvero Jane Austen. In realtà, senza saperlo, avevo letto già e mi ero invaghita di un libro della serie ROSE BLU che fa parte della letteratura mondiale, ovvero CIME TEMPESTOSE di Emily Brontë. Era un modo strano per avvicinarci a testi più alti, quasi senza rendercene conto.


L'ETERNO CONTRASTO in realtà è ben noto in Italia e nel mondo con il titolo di RAGIONE E SENTIMENTO, pubblicato per la prima volta nel 1811, rivelatosi da subito un romanzo di grande successo, tradotto in varie lingue, portato sul piccolo e grande schermo innumerevoli volte.


La storia può passare effettivamente per un romanzo rosa nel senso più limitato del termine, pur presentando in realtà una ricchezza narrativa, un analisi della società non da tutti, impreziositi dallo stile brillante ed acuto di una mente intelligente come quella della Austen.


Le vicende ci raccontano di un mondo tutto al femminile, dove gli uomini entrano portando tempesta e sconvolgimento, ma risolvendo anche situazione economiche e sociali fondamentali. La signora Dashwood rimane vedova di 3 figlie femmine, Elionor la saggia, Marianne la romantica e passionale e la piccola e avventurosa Margaret. Tutte le proprietà, come prevede la legge, passano al primo erede maschio, John Dashwood, primogenito nato dal precedente matrimonio, che offre alle sorelle e alla matrigna una rendita modesta con la quale riorganizzare la loro vita.


Durante il breve periodo di convivenza della Dashwood con la famiglia di John, in quella che un tempo era la loro casa, nasce una sincera amicizia tra le ragazze e Edward Ferrars, fratello di Fanny, la moglie di John. Edward è un uomo tranquillo e pacifico che sogna una carriera ecclesiastica ed una famiglia, ma la sorella invece ha grandi aspettative su di lui e non vede di buon occhio il sentimento che è nato tra Edward e Elionor, tanto da affrettare la partenza delle ragazze per il Devonshire, dove prendono in fitto un cottage di proprietà di Sir John Middleton.


Le giovani Dashwood finiscono per entrare nel circolo di amici di Sir John, tra cui spicca il Colonnello Brandon, uomo posato e maturo che si innamora quasi a prima vista di Marianne, che però lo considera lontano dai suoi ideali romantici. Un giorno, durante una passeggiata nella brughiera, la ragazza viene sorpresa dalla pioggia e scivolando si sloga una caviglia. A soccorrerla arriva il fascinoso John Willoughby.


Tra Marianne e Willoughby nasce un sentimento profondo e tempestoso, tanto che tutti si aspettano che lui da un momento all'altro chieda la sua mano, ma gli eventi precipitano e John lascia Marianne spezzandole il cuore, per trasferirsi a Londra. Marianne è disposta a tutto pur di scoprire la ragione del suo abbandono e le sorelle Dashwood si trasferiscono per l'inverno nella casa londinese della Signora Jennings.


Mentre Marianne cerca di scoprire che fine ha fatto Willoughby (che nel frattempo corteggia una ricca ereditiera), Elionor, innamorata di Edward, cerca di non rivelare a nessuno il segreto che le ha confessato Lucy Steele, ovvero di essere fidanzata segretamente con Edward da una vita, ovvero prima che il ragazzo conoscesse Elionor.


In una girandola di eventi, di scoperte, di capovolgimenti, la storia di Elionor e Marianne finisce per appassionare lettrici di tutte le età e di tutte le epoche ormai da più di 200 anni. La passionale Marianna, la saggia Elionor, il superficiale Willoughby, il serioso Brandon catturano le emozioni e l'attenzione delle lettrici, offrendoci anche un affresco di una società dove le donne non avevano altra possibilità se non il matrimonio per poter avere una collocazione ed un futuro accettabile, dove le apparenze contavano più della sostanza e l'interesse a volte portava al sacrificio dell'amore. Non è un caso che alla fine sia la saggia e posata Elionor a veder trionfare i suoi sentimenti, laddove la passionale ed impulsiva Marianne dovrà attraversare un lungo percorso che la porterà ad avvicinarsi alla sorella prima di poter capire chi è davvero l'uomo adatto al suo futuro.


Romanzo che non deve mancare nella libreria di qualsiasi anima romantica.


FRASI TRATTE DAL ROMANZO


“Non vorrei mai offendere nessuno, ma sono così stupidamente timido che spesso sembro freddo e indifferente, quando invece sono solo trattenuto dalla mia naturale goffaggine.” 


***


“Se solo potessi conoscere il suo cuore, tutto sarebbe più facile.” 


***


“Nutro un tale risentimento verso di me per la sciocca, scellerata follia del mio cuore, che adesso ogni passata sofferenza è per me trionfo ed esultanza.” 


***


“Elinor, la maggiore delle sue figliole, il cui parere era stato tanto efficace, possedeva una forza d’animo e una perspicace intelligenza che facevano di lei, quantunque appena diciannovenne, la consigliera di sua madre.”


***


“Le qualità di Marianne erano, sotto molti aspetti, del tutto uguali a quelle di Elinor. Ella era acuta e intelligente, ma esagerata in tutto: il suoi dolori, le sue gioie, non conoscevano la moderazione.”


***


“Le nostre situazioni sono identiche. Nessuna di noi due ha niente da dire: tu, perché non comunichi mai nulla, io perché non nascondo mai nulla.”


***


No, no – gridò Marianne – un dolore come il mio non ha orgoglio. Che m’importa che si sappia che sono disperata? Il trionfo di vedermi così è a disposizione del mondo intero. Elinor, Elinor, coloro che non sanno che cosa sia soffrire possono essere orgogliosi e indipendenti…. possono resistere agli insulti o ricambiare le mortificazioni. Io non posso. Io devo soffrire… devo disperarmi, e siano benvenuti a goderne tutti coloro che vogliono.


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