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sabato 13 gennaio 2018

Angelica alla Corte del Re di Anne e Serge Golon (Vol. IV)


Andando alla riscoperta di questa storia della mia infanzia, leggendolo con la consapevolezza che oggi ho della natura umana e dei suoi sentimenti, devo dire che sto riscoprendo e perdendo personaggi. Quando ero bambina ero infatuata di Nicola Merlot, noto presso la Corte dei Miracoli come il pericoloso Calembradaine. Ovviamente molto era dovuto al fascino intramontabile del nostro Giuliano Gemma, di cui mi invaghì nei film che arrivarono da noi.


Leggendo il libro, ero rimasta turbata da questo ragazzotto mai cresciuto, incapace di sedurre Angelica, l'amore della sua vita, e divorato da una gelosia possessiva che a volte lo rendeva maledetto e che la nostra eroina non riusciva proprio ad amare. Oggi rileggendo quelle pagine, invece, capisco il comportamento dell'eroina, che era passata dalle tecniche amorose raffinate di Joffrey de Peyrac e della sua Corte di piaceri a quelle piuttosto elementari di Nicola.


Chi invece ho riscoperto con entusiasmo è l'oscuro avvocato François Desgrez, completamente passato per non percepito durante la mia adolescenza. Desgrez ritorna in scena anche in ANGELICA ALLA CORTE DEL RE, quarta parte del secondo volume intitolato Le chemin de Versailles, che racconta il lungo percorso affrontato dalla protagonista dalla miseria della corte dei miracoli fino alla ricchezza borghese, che le deriva dal commercio del cioccolato, e al tentativo di riconquista del titolo nobiliare e della posizione perduta.


Angelica affronta le difficoltà con ingegno e volontà. Avendo trovato rifugio, dopo la morte di Calembradaine e la riconquista dei suoi figli, presso la taverna de "Il Gallo Ardito", la sua natura imprenditoriale le permetterà di trasformare l'umile e sporca rosticceria, in uno dei posti più interessanti e attraenti della capitale, mentre intreccia una relazione con il poeta Claude Le Petit, altro cuore che lastricherà la strada che la riporterà in alto.


Pur utilizzando le sue conoscenze, il destino (ed i nobili), sembrano accanirsi su di lei quando una sera, un gruppo di loro, tutti mascherati, aggrediranno il povero padrone della taverna, uccidendo il piccolo Linot, il bambino che lei aveva riscattato dal terribile Coesre. 


L'orrore di quest'episodio, di cui sono colpevoli il fratello del re, il suo favorito ed altri nobili, con la presenza del crudele Philippe de Sancé, il cugino che avevano conosciuto nel lontano castello di Plessis.-Bellière, segnerà una svolta importante nella vita turbolenta di Angelica, che riuscirà a sfruttare l'episodio per poter ottenere, grazie all'intercessione di Desgrez, divenuto poliziotto, per ottenere la concessione per l'esclusiva della vendita del cioccolato, pur sacrificando, nel cammino, il povero Claude, travolto ancora una volta dal destino fatale di Angelica.


Eppure il mio cuore è tutto per Desgrez, che non solo ricompare periodicamente nell'esistenza della nostra eroina (alla quale confessa di averla riconosciuta quando era la compagna di Calembradaine e l'avevano sorpresa a rubare nella casa di un farmacista), ma riesce anche a scuoterla da un momento terribile di disperazione, che sembrava volerla trascinare direttamente nelle acque della Senna.


La sua determinazione, basata soprattutto sul desiderio di riscattare il proprio nome e di restituire ai figli, Florimond e Cantor, quello che gli è stato sottratto, la induce a porsi come obiettivo quello di recuperare il titolo nobiliare, per accedere a Versailles.


Divenuta famosa per l'enorme ricchezza accumulata nel giro di pochi anni, grazie non solo al commercio nel cioccolato, ma anche ad una diversificazione degli affari che sostanzialmente fa di lei una vera e propria borghese, Angelica non si ferma e comincia a frequentare nobili decaduti e non. Tra di loro incontra anche il Conte di Condé, ora proprietario del castello parigino dei Peyrac. 


L'emozione che emerge ogni volta che il passato, doloroso, si riaffaccia nella vita di Angelica è uno degli elementi chiave. Sono passati molti anni, ma Joffrey è ancor aun ricordo che sanguina. Lei riuscirà con un colpo di fortuna a ritornare in possesso della sua casa, mentre si gioca la partita più rischiosa, pur di tornare ad essere nobile, ovvero quella di ricattare il cugino Philippe con la storia del cofanetto di veleno che lei aveva nascosto quando era solo una ragazzina.


Philippe è un personaggio odioso e pericoloso, che non sembra subire il fascino di lei, ma che si piega in nome dei segreti di famiglia, pur di metterla a tacere. Cede quindi al suo ricatto, sposandola, ma determinato a rendere la sua vita miserabile. La verità è che Philippe cadrà, come sono caduti in tanti prima di lui, vittima di una donna che, oltre la bellezza, possiede intelligenza e carattere, elementi che contribuiscono a fare di lei un'eroina leggendaria.


FRASI TRATTE DAL ROMANZO



Di menzogna in menzogna, di idea in idea, di audacia in audacia. sarebbe riuscita a salvarsi, a salvarli. Ne era sicura.


(Angelica pensando a se stessa e ai figli)





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La ricchezza è la chiave della libertà, il diritto di non morire, di non veder morire i figli, il diritto di vederli sorridere. Se i suoi beni non fossero stati confiscati, ella avrebbe sicuramente potuto salvare Joffrey.  Ma subito la giovane donna scosse la testa. A questo non doveva più pensare, perché allora il gusto della morte le si insinuava nelle vene ed ella era presa dal desiderio di dormire in eterno, come si può dormire sul filo d'un acqua che vi trascina.





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Cantor era la sua forza, Florimond la sua fragilità: rappresentavano i due poli della sua anima.

(Angelica pensando ai figli)





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«Tu sei un ricordo troppo atroce per noi, una catastrofe, una caduta che ci ha spezzato il cuore, per quel poco che ne abbiamo. Per fortuna, pochi hanno saputo che eri nostra sorella...tu, la moglie dello stregone bruciato vivo in piazza de Grève!».

(Il fratello ad Angelica)



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«Gli uomini hanno corrotto tutto ciò che hanno toccato. Di quello che Iddio ha dato loro di più sacro, la religione, essi hanno fatto un guazzabuglio di guerre, d'ipocrisia e di sangue che mi fa venire il vomito. In una giovane donna che ha voglia di essere baciata in un giorno d'estate, penso che Dio riconosca almeno l'opera della sua  creazione, visto che è stato lui a farla così».

(Angelica a Audiger)



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«Voglio te. La tua vista ed il tuo contatto bastano a saziarmi. Voglio le tue labbra a ciliegia, le tue gote di pesca.Tutto di te è diventato commestibile.Non si può sognar di meglio per un poeta affamato...La tua carne è tenera».

(Claude Le petit ad Angelica)





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«Non ho già una volta arrischiato la vita e la carriera per voi? Potevo ben rischiarla una seconda volta. Voi siete, signora, ahimè, una deplorevole abitudine, e temo davvero che, nonostante una mia naturale prudenza, sarà per questo che finirò con rimetterci la pelle».

(Desgrez ad Angelica dopo che Sorbona l'ha salvata dagli aggressori della Maschera Rossa)





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«Se non sono capace di trattenere un uomo per un quarto d'ora, mi domando perché mai Dio mi ha fatto nascere di sesso femminile».

(Angelica pensando a come fermare Desgrez dal raggiungere Claude a Montmatre)



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«Occhi verdi: un colore che porta disgrazia. È dunque vero», si disse. «Io porto disgrazia a chi mi ama ... o a chi amo».

(Angelica pensando a Claude il poeta, a Nicola e a Joffrey)



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«Ancora un consiglio, signora, se lo permettere ad un modesto poliziotto: guardate sempre davanti a voi, non volgetevi mai al passato. Evitate di rimuovere le ceneri... quelle ceneri che sono state disperse al vento. Perché, ogni volta che ci pensate, vi verrà desiderio di morire. E io non sarò sempre lì per risvegliarvi in tempo...».

(Desgrez ad Angelica)





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«Vi conosco bene, signora Morens. Vi ho veduta in casa di Ninon e di altre persone. Siete allegra come una fanciulla, bella come una cortigiana e avete il cuore riposante di una madre. Inoltre, sospetto che siate una delle donne più intelligenti del regno. Ma non ne fate mostra, perché siete furba e sapete che gli uomini temono le donne sapienti».

(Il principe di Condé ad Angelica)



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Aveva lottato troppi anni con la sorte con strumenti di talpa rissosa. Ecco che la incontrava faccia a faccia sul suo terreno, nella sua follia. L'avrebbe affettata alla gola, l'avrebbe pugnalata. Anche lei era pazza, pericolosa e incosciente come la stessa sorte. Erano pari!

(Durante la partita dell'oca quando Angelica vince al Principe di Condé il palazzo di Joffrey de Payrac)





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«Lo hai riconosciuto?».

«L'ho riconosciuto come un cane riconosce il padrone, ma non ho visto il suo volto. Portava una maschera...una maschera di acciaio brunito...Ad un tratto si è cacciato nel muro e non l'ho visto più».

(Angelica interrogando il vecchio Pascal sul fantasma di suo marito)



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«Tu sei come un diamante», disse, « una pietra nobile, dura, intransigente...ma semplice e trasparente. Ignoro quali colpe tu abbia potuto commettere durante questi anni in cui sei scomparsa, ma sono convinto che, se le hai commesso, è stato perché, spesso, non potevi fare diversamente. Tu sei davvero come i poveri, Angelica, pecchi senza saperlo, contrariamente ai ricchi e ai grandi...».

(Il fratello Raimond ad Angelica)





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«Joffrey, dove sei? Perché questa luce che si precisa quando la fiamma del rogo si è spenta da cinque anni... Se tu erri ancora sulla terra, ritorna da me!».

(Angelica pensando al primo marito)



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