I libri di Virginia Dellamore hanno sempre un grande seguito. Basta che un suo romanzo esca per scalare rapidamente le classifiche di Amazon con una cascata di recensioni, per lo più positive. Così è stato anche per Il diavolo e la rosa.
Il diavolo e la rosa è uscito alla Vigilia di Natale e come si addice al periodo è una sorta di fiaba, una reinterpretazione del La bella e la bestia.
Vi lascio la trama, se per caso ve lo siete perso.
Yorkshire, Inghilterra, 1836.
La vita è stata generosa e allo stesso
tempo avara con Rosalynn. Le ha donato la bellezza ma l’ha privata
dell’affetto di una famiglia. Da ventun anni, infatti, vive nello stesso
orfanotrofio nel quale è stata abbandonata quando era piccolissima, e
la sua esistenza è tutto fuorché idilliaca. La perfida direttrice
dell’istituto, che nutre verso di lei una particolare antipatia, l’ha
relegata ai compiti più faticosi e miserabili. Rosalynn trascorre le sue
giornate lavorando e coltivando sogni segreti alimentati dai libri che
legge. Libri che si procura di nascosto: al calar della sera, mentre le
ombre dilagano nella brughiera, sgattaiola dal convitto e raggiunge il
castello di Harwood a poche miglia di distanza.
Il maniero è
disabitato, ma lei ha scovato un’imposta rotta ed è riuscita a entrare.
Ogni giorno, attraversando un dedalo di grandi sale ricoperte di polvere
e detriti, raggiunge l'immensa biblioteca ancora piena di volumi. Non
ha mai incontrato nessuno, muovendosi sempre indisturbata.
Una sera,
tuttavia, la solitudine dei luoghi subisce una brusca interruzione.
All’improvviso, Rosalynn ode dei passi umani e si scontra con un uomo
che afferma d’essere Lord Beaumont Harwood, proprietario del castello e
di tutto ciò che esso contiene.
Benché coraggiosa, non può fare a
meno di esserne intimorita: il conte non è soltanto un uomo dai modi
scortesi, ma è anche l’individuo più spaventoso sul quale abbia mai
posato lo sguardo. Il suo volto è ricoperto di ustioni e cicatrici ed è
privo di una gamba al posto della quale indossa un terrificante arto
finto. In più, la accusa di essere una ladra e minaccia di condurla in
prigione per averlo derubato.
Rosalynn si trova costretta ad andare a vivere al maniero, assunta come domestica, per ripagare il furto commesso.
La
vita al castello è più dura del previsto. Se ciò non bastasse, Lord
Harwood non è affatto un gentiluomo: la gente del villaggio lo ha
soprannominato “la Bestia” a causa del suo aspetto e dei suoi modi.
Per
forza di cose, vivendo sotto lo stesso tetto, Rosalynn comincia a
conoscerlo meglio, scoprendo che dietro la sua apparenza intrattabile si
cela un uomo ferito dalla vita, trafitto dal peso di tragiche colpe
passate e ormai rassegnato a vivere nascosto.
Nel contempo, i segreti
riguardanti le origini di Rosalynn e l’identità dei suoi genitori si
rivelano non meno misteriosi e tragici, e tutto sembra precipitare verso
un epilogo drammatico...
Sullo sfondo della cupa brughiera inglese,
un romanzo liberamente ispirato alla favola della Bella e la Bestia. La
storia di una passione tormentata e di un sentimento purissimo capace di
guardare oltre l’apparenza, sgretolare i pregiudizi e dimostrare che la
vera bellezza non ha a che fare con la perfezione del corpo ma con
l’armonia dell’anima.
Che dire? Ho attraversato fasi alterne, durante la lettura di questo romanzo, ma nel complesso mi è piaciuto, senza entusiasmarmi particolarmente. Scritto benissimo, come sempre, in questo caso il linguaggio mi è parso a tratti pesante, troppo ricercato e non adatto al tipo di racconto. A parte questo, il romanzo è sviluppato bene e i personaggi sono caratterizzati a dovere, ma alla fine la storia risente del noto e non riesce a coinvolgere eccessivamente.
Rosalynn si innamora del suo conte per quello che intravede sotto le cicatrici e con la sua bellezza interiore riesce a smuovere il sasso che Harwood porta nell'anima, fino alla redenzione per quanto commesso in passato. I messaggi dell'autrice sono come sempre edificanti e difficilmente non si condivide il suo amore per la cultura, gli animali e la natura. Devo riconoscere che in questo romanzo, diversamente dagli altri, si risente meno della scarsa contestualizzazione storica, che appare più accurata, con le sue regole sociali, i suoi riti e a tratti anche le sue ipocrisie.
Cinque stelle le assegno alla copertina, bellissima a mio parere, ma il mio romanzo preferito di questa scrittrice resta Non posso esistere senza di te.
Voto complessivo: 3 stelline.
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